I ragazzi non ne possono più.

I ragazzi non ce la fanno più. Come mai? Perché sono adolescenti a cui è stata presa l’adolescenza, e quindi non possono andare contro le regole né contro l’autorità, inoltre stanno avendo grandi difficoltà a strutturare la propria identità psicologica, identità che si struttura nella relazione (in presenza) con i pari, e individui con un’identità psicologica poco strutturata sono individui fragili, per i bambini questo è ancora più grave. Nessuno di noi ha davvero idea del dramma che stanno vivendo.

Proviamo per un attimo a metterci nei loro panni e vedere la realtà dal loro punto di vista: non possono andare a scuola oppure quei pochi giorni che ci possono andare devono affrontare numerose verifiche quindi l’ambiente scolastico è un ambiente vissuto come pericoloso, molto stressante quando dovrebbe essere un ambiente accogliente, rilassante, motivante; non possono fare sport (eppure il loro sistema immunitario ne beneficerebbe così tanto), né andare allo stadio; non possono avere relazioni sociali in presenza; niente parrocchia, niente bar, niente pizzeria; non possono andare in discoteca (che fa così bene per scaricarsi alla loro età), niente gita, né visite d’istruzione, niente scampagnate o giornate al mare, niente cavolate con gli amici. Pensiamo ai ragazzini delle classi prime che non hanno ancora un compagno di banco perché appiccicato al loro banco non c’è mai stato nessuno. Proviamo infine ad immaginare questi ragazzi che nonostante tutto si innamorano ancora e che non possono vedere, toccare, annusare dal vivo la persona di cui sono innamorati.

Tutta questa sofferenza è aggravata dal fatto che i ragazzi stanno conducendo una vita contronatura: stanno sempre al chiuso, davanti ad un monitor o con lo smartphone in mano, tempestati da onde elettromagnetiche, non fanno movimento, chissà cosa mangiano, sono continuamente minacciati dai tamponi, respirano anidride carbonica e chissà che altro  dentro le mascherine, sono visti come untori solo perché sono giovani e hanno la colpa di non ammalarsi e di far morire i genitori, gli insegnanti, i loro nonni.. hanno perso la libertà, quella libertà a cui ogni adolescente tende disperatamente e che ora non vede quasi più.

Vengono da me e si sentono in colpa perché stanno male perché in fondo, gli adulti dicono loro che non gli manca nulla. E io paradossalmente sono felice quando soffrono perché rispetto a chi sta bene o dice di stare bene, chi sta male è più sano perché non è normale stare bene in queste condizioni, è molto meglio scoppiare, piangere, ribellarsi, arrabbiarsi, è molto meglio che emerga una qualche forma di sofferenza perché a questa situazione non ci si deve adattare, dobbiamo uscirne e tornare alla condizione di libertà precedente se non migliorata rispetto a prima. Per migliorata intendo con una nuova consapevolezza e con nuovi significati attribuibili all’esperienza di vita. Molti di questi ragazzi per esempio in questo periodo hanno compreso profondamente il significato di libertà, qualcosa che prima davano per scontato. Si può essere sani nel senso di non avere patologie organiche ma non essere in salute perché sofferenti sul piano psicologico o sociale, lo dice pure l’OMS.

I ragazzi hanno tanto bisogno di essere ascoltati in questo periodo e sono tremendamente infastiditi quando chiediamo loro come stanno e dopo un po’ li liquidiamo dicendo che li capiamo o che andrà tutto bene o che ci siamo passati anche noi; il fatto è che forse nessuno di noi li comprende davvero, intanto perché ognuno di noi è unico e unico è il proprio sentire e il proprio vivere le cose e poi perché in fondo in fondo noi adulti abbiamo avuto la nostra adolescenza, abbiamo il nostro lavoro, uno straccio di normalità che ci aspetta alla sera quando rincasiamo e troviamo i nostri compagni di vita, i nostri figli o comunque il nostro posto, il nostro nido con le nostre cose, la nostra vita ormai realizzata, loro no. Se sono fortunati hanno una buona famiglia che li ama e li sostiene ma vi assicuro che molto spesso non è così e il posto dove dovrebbero stare di meno è proprio la famiglia.

Noi inoltre, dopo un anno di stato di emergenza continuiamo a considerarli e trattarli solo come studenti e pretendiamo da loro che dal punto di vista scolastico si comportino come se la situazione fosse normale; ma è anche vero che se abbiamo fatto questo è perché per primi noi ci siamo sentiti considerati solo come insegnanti, come lavoratori. Ci si è dimenticati tutti che dietro ai nostri ruoli professionali vi sono degli esseri umani, esseri umani che soffrono. Da insegnanti poi abbiamo dimenticato che il clima di paura e isolamento non aiuta il processo di apprendimento. Abbiamo dimenticato che se non sono soddisfatti i bisogni primari fisiologici come il sonno, il senso di sicurezza come la salute e i bisogni sociali di appartenenza, come il gruppo e l’amicizia i ragazzi avranno grandissime difficoltà a far funzionare i processi più fini tipici del processo di apprendimento che richiede grossi quantitativi di energia, attenzione, memorizzazione, capacità di astrazione, di fare collegamenti e così via. Sì perché l’apprendimento non è un freddo meccanismo cognitivo ma un complesso processo umano che integra componenti emotive, relazionali e comportamentali, che necessita di un clima psicologico adeguato.

Ignorando queste componenti umane e continuando a considerare i ragazzi solo come macchine da istruire non facciamo altro che aumentare la frattura tra corpo/mente/spirito, frattura che risale ai tempi di Cartesio che fa tanto comodo a una parte di scienza e alla medicina in particolare ma che in realtà non esiste: non è mai una buona idea mettere a tacere le sofferenze e i bisogni dell’anima degli esseri umani e pretendere che si vada avanti come se niente fosse con il programma da svolgere, anche se è un programma che è stato ridotto. L’essere umano è qualcosa di estremamente complesso in cui le parti che lo compongono sono così intimamente integrate che è addirittura un errore considerarle parti, lo si fa solo per comodità per chi le studia e le tratta.

Non sono solo parti grossolane cioè fatte di carne, organi, cellule ma sono anche parti fatte di energia, cultura, luce, spiritualità, mente, mente che non è localizzata nel cervello ma è estesa, addirittura oltre il corpo fisico; cose insomma che non possono essere intrappolate in una provetta o messe su una bilancia ed è proprio per questo che non piacciono ai medici che da secoli cercano di sbarazzarsene. Questa parte sottile dell’essere umano si nutre di poesia, pittura, musica, scultura, danza, magia, perché da sempre diceva Jung, le arti creative fanno vivere ciò che la mente razionale non sa descrivere.

Il nostro sistema scolastico punta quasi esclusivamente sullo sviluppo della dimensione razionale che risiede nella parte sinistra del cervello ignorando l’emisfero destro che invece è la sede delle capacità intuitive, olistiche e creative. Tutta l’attività scolastica dovrebbe lavorare sempre per integrare i due emisferi non per escludere una o l’altra parte.

A proposito di arti creative, anche scrivere è un’arte creativa ed è terapeutico, i temi di italiano aiutano da sempre i ragazzi ad esprimersi e all’insegnante a capire se c’è qualcosa che non va, non trovate scandaloso che non sia previsto il tema di italiano alla maturità per il secondo anno di fila?

Tornando alle parti sottili, è difficile studiare e lavorare con queste parti perché implicano il mettersi lì con un povero diavolo e ascoltarlo, accoglierlo dentro di sé, fargli spazio, senza giudicarlo, cercando di capire cosa prova, mettendosi nei suoi panni quindi uscendo dalla nostra zona confortevole. Per questo il lavoro dello psicologo e dell’insegnante è tanto difficile ed è per questo che l’insegnante come lo psicologo dovrebbe ricevere una formazione adeguata e poter ricorrere al supporto psicologico periodicamente.

Molti ragazzi che vengono da me allo sportello e stanno male, nel migliore dei casi vengono portati dai genitori dal medico di base che prescrive loro analisi e accertamenti e quando il medico comunica alla famiglia che di organico, fortunatamente non c’è nulla, la cosa finisce lì! Nessuno ipotizza che il disagio possa essere psicologico o emotivo o una sofferenza dell’anima pertanto nessuno propone di portare il ragazzo dallo psicologo perché se non c’è niente a livello organico non viene riconosciuta alcuna sofferenza. E dato che la figura del medico tradizionalmente riveste un grande potere nella nostra società, questo fa passare il messaggio fuorviante che tutto quello che ha a che fare con la mente, l’energia, le emozioni, la sofferenza dell’anima, ecc. non è importante. Non merita attenzione! Eppure ognuno di noi sa che sono proprio le pene dell’anima, del nostro essere più profondo quelle che condizionano la vita: chi sono? cos’è la vita? l’amore? perché soffro? perché ammaliamo? cos’è la morte? cosa c’è dopo la morte? Sono questi i grandi temi che l’essere umano ha bisogno di esplorare e per queste domande, vi assicuro, la medicina non ha alcuna risposta esaustiva. E noi insegnanti, adulti, educatori siamo complici di questa situazione perché la scuola è una delle principali risorse della società in cui è possibile intervenire per rispondere al disagio psicologico diffuso ma per fare questo è un vero peccato delegare la faccenda al servizio sanitario perché questo inevitabilmente tratta i ragazzi come pazienti, raccoglie anamnesi, fa diagnosi, sottopone a trattamenti ma non è di questo che i ragazzi e gli esseri umani in generale hanno bisogno.

Pensate ai DSA! Vi sono pedagogisti (vi cito Novara, Furedi ma anche filosofi come lo stesso Galimberti) che hanno sollevato dubbi sulla fondatezza delle diagnosi di DSA e sul boom di certificazioni in Italia perché non sono in linea con le statistiche internazionali. E purtroppo molti pedagogisti puntano il dito contro il sistema scolastico per il quale è più facile definire malato un bambino o un ragazzo piuttosto che impegnarsi ad educarlo in maniera corretta, come si faceva una volta. Stiamo formando individui vulnerabili che di fronte ad ogni difficoltà della vita avranno bisogno di assistenza sanitaria, perché è quello che stiamo insegnando loro.

Cosa possiamo fare noi adulti, in generale per aiutare questi ragazzi?foto oscurata

1) di sicuro dovremmo impegnarci a non patologizzare eccessivamente il loro disagio, questo lo si fa già fin troppo. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha lanciato un allarme depressione nei bambini e adolescenti e per questo ha fatto un accordo con il Ministero dell’Istruzione per potenziare la presenza degli psicologi nelle scuole. Gli psicologi non vedevano l’ora di essere riconosciuti operatori sanitari e che ora ci fosse tanto bisogno di loro. Sta per essere istituita anche la figura dello psicologo di base, evviva finalmente ci sarà lavoro per tutti! Sarà una buona idea? Dipende. Se sono psicologi che adottano il modello medico e lavorano accoppiati agli psichiatri come tanti ce ne sono, avete già capito come andrà a finire.

2) non dovremmo quindi patologizzare ma nemmeno banalizzare troppo perché è accaduto pure che i ragazzi abbiano tentato a loro modo di denunciare alcune difficoltà o ingiustizie vissute a scuola di cui gli insegnanti però non hanno compreso la gravità. In alcuni casi si può arrivare a veri e propri reati che non vengono denunciati né pertanto condannati e un trauma che non viene denunciato è un trauma che le vittime vivono de volte. Allora vi invito ad una riflessione profonda anche se forte, mi rendo conto: ogni anno viene celebrato il giorno della memoria. Ebbene, è estremamente improbabile che si verifichi oggi ciò che è accaduto tra nazisti ed ebrei durante la seconda guerra mondiale, lo scopo di queste celebrazioni è certamente quello di non dimenticare ma soprattutto di far sì che le persone, specialmente gli insegnanti, siano in grado di riconoscere tempestivamente quindi di intervenire ed impedire che quelle stesse dinamiche (perché le dinamiche sono le stesse) si ripetano oggi in contesti totalmente diversi e con protagonisti anch’essi totalmente diversi. Se non siamo capaci di fare questo e consentiamo che un gruppo qualsiasi venga isolato e discriminato per un motivo o per l’altro allora è stato tutto inutile! Ieri erano gli ebrei che contaminavano la razza, poi i neri che non potevano frequentare gli stessi luoghi dei bianchi perché inferiori, poi gli omosessuali ritenuti una minaccia per l’ordine sociale, poi i musulmani, gli immigrati, insomma in un attimo ognuno può ritrovarsi improvvisamente dalla parte sbagliata. E questo non deve accadere! Vi dico questo perché oggi a colpi di DPCM e pochi articoli di DL si stanno abbattendo i pilastri fondamentali della nostra costituzione come il diritto al lavoro, all’istruzione, alla libera circolazione, il diritto alla salute, all’autodeterminazione, all’inviolabilità della persona, quei diritti cioè che sono stati sanciti proprio a seguito dei fatti accaduti durante la seconda guerra mondiale e che ancora oggi tanto ricordiamo con le celebrazioni. Abbiamo accettato e fatto accettare acriticamente all’interno della scuola quello che ci veniva imposto senza un’opportuna, ampia e libera trattazione, censurando e discriminando duramente coloro che avevano un’idea diversa da quella ufficiale e privando i ragazzi del diritto a letture della realtà alternative. E in ambito scolastico questo è stato fatto con la complicità in primis di quegli insegnanti che per formazione (insegnanti di storia, diritto, biologia, igiene, ecc.) avrebbero dovuto sollevare l’attenzione anziché sedare i dubbi dei ragazzi condizionandone così potentemente il futuro e la libertà. Al di fuori della scuola è andata anche peggio con governanti, forze dell’ordine, giornalisti e operatori sanitari, ordini professionali, tutti complici che hanno diffuso la paura servendosene poi per ricattarci e toglierci i diritti fondamentali, diritti di cui possiamo tornare in possesso, come se non fossero già nostri di diritto, a patto di cedere a ricatti ignobili che chi non accetterà dovrà pagare a caro prezzo. È evidente ormai che i vari giuramenti di Ippocrate, sulla Costituzione, le giornate della memoria e così via sono diventati niente più che una goliardata e che davanti a noi sul nostro cammino si sta affacciando un bivio: auguro a tutti il migliore viaggio.

dott.ssa Catia Masiero, psicologa scolastica