Modelli teorici di riferimento

Modelli teorici di riferimento.

La complessità è la componente fondamentale dell’essere umano così come di tutti gli esseri viventi di cui siamo parte. Possiamo smontare e rimontare un orologio o un motore, ma non un organismo vivente poiché ogni elemento che lo compone preso singolarmente, cioè senza tutto il resto di cui fa parte ed è parte, non è più lo stesso elemento. Noi siamo più della somma delle nostre parti. Quello che ci rende ciò che siamo è evidentemente un direttore d’orchestra che informa, mette in ordine ed organizza armoniosamente chi fa che cosa affinché i singoli elementi partecipino alla creazione e al mantenimento di una meravigliosa sinfonia che è la vita.  L’essere umano è un sistema integrato corpo-mente-energia e la mancanza di armonia tra i vari sistemi che lo compongono rappresenta una possibile insorgenza di un problema di salute.

Il nuovo paradigma introdotto dalla Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) e dalla Fisica Quantistica offre oggi un confronto che non riguarda più solo il dualismo cartesiano che ha influenzato il pensiero scientifico per tanto tempo opponendo il corpo alla coscienza ma anche quel riduzionismo che ha ridotto ogni autonomia dell’esperienza esistenziale cosciente che potrebbe portare ad una nuova visione dell’Uomo e del suo benessere; visione che già sta interessando ampi settori della ricerca delle Neuroscienze, della Psicologia e della Medicina generale che si propone di superare l’errore storico identificato nella credenza secondo cui la scienza dovrebbe rappresentare solo un modo per accertare il “reale” riconosciuto nell’ente meccanicisticamente inteso. All’interno di questa tradizione si è costruito un sistema di conoscenze che si vuole come isomorfo rispetto a ciò che si indaga, in grado di riflettere la realtà in modo diretto, decontestualizzato nonché a-storicizzato. Va ricordato che la scienza tuttavia non è un modo per definire dati di fatto ma una modalità di conoscenza e il discorso scientifico per essere tale dovrebbe essere passibile di condivisione.

In buona parte della tradizione scientifica post-cartesiana il tema del corpo è stato opposto alla dimensione spirituale e questa frattura ha anche significato l’emergere di una potente tendenza riduzionista nel campo psicobiologico ossia ha posto in maniera unilaterale l’accento sulla funzionalità dell’Uomo sottostimandone però la dimensione più importante: l’esistenza.

Nelle culture orientali questo passaggio non si è avverato, infatti per queste scuole di pensiero non solo l’Uomo, ma tutto il mondo e tutto l’universo è concepito in modo olistico ed ecologico, un modo in cui è possibile riconoscere un’imprescindibile interrelazione ed interdipendenza di tutti gli esseri; un pensiero che si propone di considerare la natura come totalità integrata le cui proprietà non possono essere ridotte, perciò allontanate, ad unità minori come parti di un meccanismo.

L’idea dell’Uomo come totalità integrata si ritrova già in Ippocrate che più di duemila anni fa aveva riconosciuto gli aspetti morali e spirituali della guarigione e credeva che il trattamento medico potesse basarsi solo sulla considerazione degli atteggiamenti, delle influenze ambientali e l’uso dei rimedi naturali.

Nei sistemi tradizionali di guarigione in Oriente è ancora presente una concezione di tipo non-locale tra il corpo e la mente, una mente che non è confinata nel cervello di un organismo ma che si estende fuori di esso, lontano nello spazio e che è in grado di interagire ed influenzare anche altre menti; se è vero che l’uomo può influenzare l’ambiente è anche vero il contrario, ovvero che l’ambiente può influenzare l’equilibrio dell’uomo, si pensi alla centralità dell’ambiente materno, fisico e sociale per lo sviluppo e l’equilibrio biopsichico dell’individuo (Bowlby).

Questo nuovo paradigma si propone di allargare lo sguardo scientifico al di là dei tradizionali fattori eziologici, proponendo il concetto di multifattorialità, pluralità di cause, complessità ecc., per la comprensione dell’insorgenza e dell’andamento dei disturbi, delle patologie ecc. Questa molteplicità di fattori non va considerata ancora una volta come un “principio attivo” farmacologicamente inteso ovvero in termini di processo lineare di causa-effetto: è vero che gli atomi e le forze sono le medesime nel mondo vivente e non vivente ma è pur vero che le “particelle elementari” del mondo vivente sono di natura più complessa e l’emergenza di qualità nuove nei sistemi complessi non è spiegabile con le qualità dei singoli elementi.

La consapevolezza che l’Uomo e l’ambiente che lo ospita sono indissolubilmente legati e oggi è presente anche in Occidente nel dibattito circa l’importanza dell’ereditarietà o dell’epigenetica nell’economia del benessere e della salute dato che molti studi hanno evidenziato come l’esposizione a fattori ambientali e psicosociali possa produrre delle modificazioni a carico del DNA (Bierhaus et al., 2003).

Grazie a questo cambiamento di paradigma, il mondo scientifico ha la possibilità di rimettere i comportamenti, gli atteggiamenti, gli stili di vita, l’ambiente insomma l’Uomo nella sua totalità al centro della salute che andrebbe intesa come “arte della vita” vista l’attuale consapevolezza della stretta reciproca interazione tra cultura e biologia. E’ opportuno diffondere una visione olistica della vita che superi le distanze tra il fisico e il mentale che altro non sono in realtà che aspetti complementari dell’unico fenomeno della vita; descrivendo i sistemi viventi come una complessa “rete di informazioni” si è disconfermata  l’antica distinzione tra mente e corpo (Varela, Maturana, 1980).

Il nuovo paradigma scalza in modo epistemologicamente corretto diversi presupposti del vecchio modello medico occidentale grazie alle conoscenze prodotte dalla Psiconeuroendocrinoimmunologia, PNEI, una branca della biologia che studia le profonde relazioni tra i sistemi nervoso, endocrino, immunitario e gli stati mentali: si occupa dell’influenza che le emozioni, gli eventi di vita e i fattori psicologici come gli atteggiamenti e le idee hanno sui processi normali e patologici dell’organismo (Ader, Cohen, Felten, McEwen).

Gli studi della Pnei dimostrarono che la reazione di stress è indipendente dalla natura dello stimolo dato che lo stress può essere attivato da fattori fisici (caldo, freddo, radiazioni), infettivi (virus, batteri), psichici (emozioni, traumi) in grado di attivare una cascata chimica che libera ormoni e neurotrasmettitori dalle surrenali (Selye, 1936).

Negli anni Cinquanta si scoprì la presenza di un vasto numero di neuropeptidi e dei loro recettori in tutte le cellule del corpo; queste molecole, mediatori non solo di informazioni ormonali e metaboliche ma anche di emozioni sono prodotte sia dal sistema nervoso che da quello endocrino e immunitario. Questo significa che l’intero corpo “pensa”, che ogni cellula o parte del corpo “sente” e prova “emozioni”, elabora le proprie informazioni psicofisiche e le trasmette ad ogni altra parte attraverso una fittissima rete di comunicazioni di estrema varietà comunicativa. Tutto il corpo è vivo, intelligente e cosciente, ogni cellula prova piacere e dolore ed elabora strategie metaboliche per il benessere collettivo. Il corpo non è una macchina e si inizia a parlare dell’essere umano come di una complessa “rete di informazioni” perciò l’antica divisione tra mente e corpo non ha più ragioni di sussistere: bisogna parlare di mente/corpo come un’unica entità integrata in cui ogni aspetto psicofisico umano è visto come parte di un’unica organica realtà (Pert, 1973).

Dal 1960 in poi sono stati numerosi i lavori scientifici che hanno confermato la profonda reciproca influenza tra corpo e mente, in particolare come l’ipotalamo comandi la reazione di stress che porta ad un aumento della produzione di cortisolo da parte delle surrenali, provocando una soppressione della risposta immunitaria: fu stabilito così il primo collegamento biologico tra cervello, stress e immunità (Besedowsky, 2001).

Nella seconda metà degli anni ‘80 si scoprì che i linfociti, cellule del sistema immunitario, possiedono recettori sia per gli ormoni sia per i neurotrasmettitori prodotti dal cervello e che, al tempo stesso, producono a loro volta ormoni e neurotrasmettitori del tutto simili a quelli prodotti dal cervello (Blalock, 1997). Anche le fibre nervose periferiche che innervano l’organismo, sono in grado di rilasciare sostanze (neuropeptidi) che possono attivare o sopprimere la risposta immunitaria.

Per quanto riguarda le emozioni, negli anni ‘90 J. LeDoux ha provato che anche la paura che ha nell’amigdala il suo centro di attivazione, è in grado di attivare il sistema dello stress.

Anche la tristezza, più della collera per A. Damasio è capace di attivare intensamente l’ipotalamo e alcune aree corticali. La disregolazione del sistema dello stress da parte di emozioni, traumi ed eventi stressanti in genere, altera potentemente l’assetto e il funzionamento del sistema immunitario, soprattutto nei bambini. Una prolungata esposizione all’attività di cortisolo, adrenalina e noradrenalina ha un effetto deleterio sull’immunità che può provocare la completa disregolazione dell’asse dello stress favorendo lo sviluppo di malattie autoimmuni di vario tipo.

Studi recenti dimostrano che anche patologie come l’aterosclerosi, sono fortemente condizionate dall’umore: la depressione, con la sovrapproduzione di cortisolo e catecolamine che spesso accompagna la malattia, contribuisce ad alterare la parete interna dei vasi, favorendo la formazione della tipica lesione aterosclerotica (Damasio, 1995, 2000, 2003).

L’alterazione del sistema dello stress e la sovrapproduzione di cortisolo tipiche della depressione maggiore possono avere ripercussioni sull’ippocampo, area cerebrale deputata alla formazione della memoria a lungo termine, inducendo morte dei neuroni e atrofia (R. Sapolsky).

La PNEI si propone pertanto come un nuovo contributo alle scienze della salute in quanto sostiene l’idea che non sia possibile studiare efficacemente, l’attività dei grandi sistemi biologici e della mente, separandoli tra loro perché nella realtà essi s’influenzano reciprocamente, dialogando tra loro attraverso molecole che spesso, solo artificiosamente, vengono assegnate a questo o a quel sistema e quindi a questa o a quella specializzazione medica.

Un esempio di questo proviene dagli studi sul fattore di crescita nervoso (NGF), una molecola, tradizionalmente assegnata al cervello che in realtà si dimostra un potente fattore stimolante del sistema immunitario. Un’eccessiva produzione di NGF, può portare alla psoriasi (Levi Montalcini, 2001).

Anche la fisica quantistica ha aiutato la comprensione dei fenomeni di profonda interrelazione tra mente/corpo. Un concetto della teoria dei quanti, la non-località, potrebbe ipotizzare alcune spiegazioni anche in ambito clinico: i microtuboli dei neuroni funzionerebbero nel cervello in uno stato di “entaglement” definibile come un intreccio inseparabile riscontrabile anche a livello della realtà sub-atomica (Penrose e Hameroff). Per il non localismo infatti, particelle che hanno interagito tra loro possono comunicare istantaneamente anche se si trovano a distanze enormi. Ne consegue logicamente che una storia nella “memoria” della loro interazione rimanga a vari gradi in ciascuna particella. L’empatia, la compassione e l’amore sembrano stabilire un vero e proprio legame, una risonanza o un “collante” tra i viventi; nei rapporti empatici le sensazioni provate da un’entità possono essere provate anche da un’altra, anche molto distante nello spazio (Achterberg, 2005) e questo non riguarderebbe solo le relazioni tra gli esseri viventi ma persino le interazioni Uomo-macchina (Nelson, Jahn e Dunne 1997, 1998, 2005).

Insomma, siamo interconnessi (Sheldrake, 2003).

E’ ormai chiaro che la vecchia lettura delle attività cerebrali e dell’organismo basata sulla localizzazione non è più valida, il cervello è come un network la cui attività è contrassegnata dalla formazione transitoria di circuiti che connettono aree diverse e anatomicamente distanti che possono svolgere una pluralità di compiti e che entrano armonicamente in risonanza (Bertrand, Tallon-Baudry, 2000). L’interrelazione rimanda perciò all’interdipendenza dove ogni parte dipende circolarmente dalle altre nella ricerca e nel mantenimento dell’equilibrio e della salute.

L’ottica olistica evidenzia gli organismi biologici così come quelli sociali, come qualcosa di più della semplice somma delle loro parti; l’organismo emergerebbe con una sua parziale autonomia e individualità ma sarebbe qualcosa di più della somma delle sue parti visibili. Per esempio, secondo la medicina tibetana il corpo umano sarebbe costituito da una parte definita grossolana e da una parte energetica definita sottile; la prima è visibile poiché corrisponde all’organismo, la seconda non sarebbe visibile ordinariamente. Pur essendo tutti coscienti del fatto che la differenza principale tra un corpo vivo ed un cadavere è una differenza puramente energetica il mondo scientifico ha dato sinora poco peso all’aspetto bioenergetico umano (Kunnen, 1999).

Eppure già nei testi antichi scritti migliaia di anni fa si legge di una forza vitale definita in vari modi: prana, ki, bioenergia, takioni, ecc. Questa forza vitale che tiene vivi gli esseri viventi viene assorbita attraverso il respiro, l’alimentazione, la pelle ecc., e può accumularsi nel sistema nervoso centrale e in particolare nel plesso solare: lo Yoga e altre pratiche spirituali quali la meditazione e le arti marziali fornirebbero la capacità di indirizzare questa corrente energetica coscientemente e volontariamente tramite il pensiero. Questa funzione, dovuta alla capacità dei neuroni di percepire segnali anche deboli provenienti dall’esterno e dall’interno, suggerisce la presenza di un meccanismo di risonanza stocastica (Gaudenzi, 2008) ovvero la capacità dei corpi di “vibrare” in armonia con determinate frequenze.

Data l’intima e complessa interazione dei vari sistemi è arduo identificare l’eventuale responsabilità eziologica in uno specifico fattore. Un’importante componente della prima risposta immunitaria è l’infiammazione: un’inappropriata o disfunzionale risposta immunitaria è alla base di malattie infiammatorie acute e croniche. L’infiammazione è segnalata dalle citochine infiammatorie che svolgono una segnalazione di tipo endocrino allertando così il sistema immunitario realizzando una rete informatica che porta il messaggio infiammatorio dal punto di origine fino ad organi distanti come il cervello alterandone l’assetto della barriera ematoencefalica. Un’infiammazione dell’intestino ad esempio, può provocare malattie degenerative a carico del sistema nervoso (Calder, 2003) con importanti ripercussioni sui processi di pensiero, memoria, attenzione, sul comportamento, l’umore, sulla gestione delle emozioni ecc. L’infiammazione è positivamente correlata ad una alimentazione ricca di carne rossa e formaggi.

E’ necessario rivedere il concetto di salute come “una condizione di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico dell’individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale” (Seppilli); la salute così come l’intera esistenza umana non è uno stato ma un processo, un bene da conservare o riacquistare ogni giorno. La salute così intesa implica l’armonia e l’equilibrio di tutte le potenzialità del soggetto siano esse biologiche, psicologiche e sociali, una tensione, uno sforzo all’equilibrio che per essere raggiunto e mantenuto deve avvalersi dei contributi di conoscenze di aree disciplinari diverse da quelle tradizionali biomediche quali la psicologia, la sociologia, la pedagogia, l’ecologia e altre ancora integrate tra loro (Annino, 2008).

Comprendere la vita significa osservarla nella sua totalità, studiarla come un sistema unico, una rete coerente e complessa che interagisce al suo interno e con l’ambiente circostante realizzando in maniera autopoietica cioè creativa i processi che le permettono di rinnovare, istante per istante, la sua situazione di equilibrio dinamico (F. Capra).

E’ perciò pertinente affermare che è possibile prendersi cura della propria salute e del proprio benessere intervenendo ad esempio sulle abitudini alimentari, adottando stili di vita diversi, imparando a gestire le proprie emozioni negative a favore di quelle positive, mantenendo atteggiamenti positivi su di sé, praticando tecniche terapeutiche che coinvolgono il respiro e lo sviluppo della consapevolezza, migliorando l’ambiente che ci circonda, riscoprendo antichi rimedi naturali e così via.

Il nuovo modello integrato mente-corpo-energia auspica ad un Integrative Health Care (IHC), un sistema terapeutico che integri la biomedicina occidentale (MT) compresa la Medicina Veterinaria con le CAM (Complementary and Alternative Medicine), un’offerta sanitaria oramai riconosciuta a livello internazionale. Lo scambio culturale avvenuto tra la comunità dei medici classici e quella dei medici esperti nelle CAM terapies, entrambe riconosciute e protette dall’OMS, può portare all’adozione di modelli terapeutici integrati. Il modello integrato mente-corpo-energia da me abbracciato si propone di promuovere e diffondere la visione Olistica e Spirituale dell’Uomo sia nei suoi complessi processi biologici e psicologici, sia nei complessi processi di interscambio con l’ambiente di cui è parte; ambiente che non è più solo concepito attraverso la teoria eco-sistemica ma anche attraverso le teorie energetiche, mentali e spirituali. Per fare ciò è necessario individuare tutti i fattori che consentono alle persone di promuovere la salute e gestire in modo più efficace la malattia per investire su di essi.

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